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Sovraesposizioni

di Claudio Cecchella

Quando possedevo la mia vecchia reflex Nikon, prima che gli spagnoli me ne facessero grazia in quei di Granada, non usavo automatismi, ma meccanicamente coordinavo i tempi di apertura con la luce del momento e non era rara la sovra esposizione. Oggi, tramontata l'impressione chimica dell'immagine, nella dilagante moda digitale ed elettronica che ha inondato il mercato con i suoi automatismi, è finita la poesia e prevale l'industria.
La marcia degli amici dei Due Arni ha offerto una sovraesposizione della realtà, tanto la luminosità sbiadiva i paesaggi e le forme di uomini e cose, con lo sfondo di un cupo e intenso cielo, insolito per la stagione. Gli ultravioletti ci hanno risparmiato solo sotto la macchia, dove ancora si apprezzava nelle ombre la frescura del primo mattino, e la luce si è fatta ad un tempo infuocata e accecante sulla via delle Lenze, interminabile effigie del ritorno verso il quartiere popolare che ospita il circolino dell'omonimo gruppo. Nell'ultimo tratto dell'argine, il canneto dalle larghe foglie aveva sembianze di fiamme dantesche, da esse sono passato indenne solo per la incoscienza dettata dal dialogo con Andrea Maggini, bardato da ciclista.
E' esplosa l'estate, in un istante, e la lunga teoria di podisti ha vacillato non poco nel tratto terminale e all'epilogo le Signore dei Due Arni hanno travasato non poche taniche di acqua per dare ristoro agli assetati, mentre il vasto contenitore di pasta al pomodoro stentava a trovare avventori.
Sotto la doccia a casa, nel sollievo per l'eliminazione dei sali e della polvere donatami nei passaggi nel parco, mi guardavo e spalle, con la canotta radiografata, in contrasto curioso tra pallore e rossore della pelle "sovresposta", secondo il modello di abbronzatura che fa tanto trand e che si suole denominare "a muratore".